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Standish ora sta per sposarsi per la sesta volta, e il suo fortunato marito è
molto più giovane di lei.»
«Oh, mio Dio!» gridò Lilac. «È la zia!»
Un uomo molto più giovane, pensò Regan. Quanto?
«Se impalma un tizio più giovane», commentò astutamente Leon, «sarà
lui a gestire il suo patrimonio. E possiamo dire addio a quei milioni, se
domenica non riusciamo a partecipare tutti alle nozze.»
Direi che ha ragione, pensò ancora Regan.
Finalmente, Earl si decise a rendersi utile. Uscì dalla stanza e ricompar-
ve poco dopo con una bottiglia di pinot nero e un vassoio con quattro bic-
chieri. Regan rimase sorpresa nel vedere l'abilità con cui sturava la botti-
glia e versava il vino. Notò che sull'etichetta c'era la figura di un vecchio in
piedi in una vasca da bagno piena di grappoli d'uva. Doveva trattarsi di un
omaggio al nonno.
La faccia di Leon era ancora impassibile. Accettò il bicchiere di vino che
gli veniva porto e lo tracannò in silenzio.
Che cosa non riesce a farci il denaro, considerò Regan. Guadagnarlo,
perderlo, arrivare vicinissimi alla ricchezza. Roba da far impazzire chiun-
que.
«È molto probabile che Whitney si metta in contatto con il motel prima
di domenica», si scoprì a dire. «Se si ferma in un altro albergo, avrà biso-
gno della carta di credito.»
«Ne ha parecchie», rispose Lilac con voce piatta. «E ha l'abitudine di u-
sarle a rotazione per non esaurire il credito disponibile. Non utilizza mai la
stessa carta due volte di fila.»
Proprio quello che ci voleva, pensò Regan sorseggiando il pinot «del
nonno», che si rivelò sorprendentemente buono. Non vedeva l'ora che arri-
vasse il servizio su Lucretia.
«Dunque non avete mai conosciuto la moglie di vostro zio», disse rivolta
all'affranto terzetto.
I tre assunsero un'aria colpevole.
«Avevamo molto da fare...» cominciò Lilac, proprio nel momento in cui
il busto del conduttore ricompariva sullo schermo.
Insieme, guardarono la novantatreenne Lucretia illustrare allegramente i
suoi progetti matrimoniali. «E lui è Edward Fields, il mio fidanzato... è
molto timido...» disse la donna mentre la telecamera inquadrava di spalle
un uomo che si precipitava all'interno degli uffici comunali di Beverly
Hills.
«Si muove in fretta», commentò Regan.
«Direi», assentì Leon. «Qualcosa non quadra.»
«E non c'è niente che possiamo fare», interloquì Earl. «Sarebbe diverso
se conoscessimo meglio Lucretia, ma così...»
Edward Fields, pensò Regan; doveva ricordarsi di chiedere a Jack di fare
qualche ricerca anche su quel tizio.
Mentre fissavano la televisione, i quattro ignoravano di essere sorveglia-
ti da un uomo grande e grosso che si chiamava Rex, alias Don Lesser.
18
Rex aveva seguito Regan fino all'imbocco della strada sterrata, dove c'e-
ra un grande cartello che recitava CANTINA «ALTERED STATES», e
poi un secondo: CENTRO MEDITAZIONE «DEEP BREATHS». Il nome
del centro, Respiri profondi, lo incuriosiva, ma non si era azzardato ad an-
dare oltre. Dove avrebbe potuto nascondersi? Comunque sapeva che era lì
che viveva la madre di Whitney Weldon.
Aveva comperato una parrucca e si era messo delle lenti a contatto colo-
rate. Non poteva fare nulla per mimetizzare la corporatura robusta, ma ora
aveva i capelli neri e gli occhi marroni. Impossibile che qualcuno lo rico-
noscesse.
Proseguì per qualche decina di metri, poi effettuò un'inversione a U, ac-
costò al ciglio e, abbassato il finestrino, spense il motore. I vigneti e le col-
line erano uno spettacolo stupendo. La luce del tardo pomeriggio era mor-
bida e dorata. Rex amava quell'ora. Significava che si stava avvicinando la
notte, il momento della giornata a lui più congeniale.
Prese il cellulare e digitò il numero di Eddie.
«Sono nelle vicinanze della cantina.»
«Solo un minuto.»
Rex sentì il socio allontanare la bocca dal microfono.
«Mi dispiace, Lucretia», si scusò. «Questa telefonata ha a che fare con
una sorpresa per te.»
Per un certo verso aveva ragione, pensò Rex.
«Bene», annunciò dopo un po' Eddie. «Ora posso parlare.»
«Ho seguito Regan Reilly fino alla cantina dove vive la madre di Whit-
ney.»
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